lunedì 30 agosto 2010

CORTE DI GIUSTIZIA delle Comunità Europee, SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione) 22 dicembre 2008 (*) «Inadempimento di uno Stato - Direttiva 75/442/C

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Ebbene, il CDR-Q, anche se corrisponde alle norme tecniche UNI 9903-1, non possiede le stesse proprietà e caratteristiche dei combustibili primari. Come ammette la stessa Repubblica italiana, esso può sostituire solo in parte il carbone e il coke di petrolio. Peraltro, le misure di controllo e di precauzione relative al trasporto e alla ricezione del CDR-Q negli impianti di combustione, nonché le modalità della sua combustione previste dal decreto ministeriale 2 maggio 2006, dimostrano che il CDR-Q e la sua combustione presentano rischi e pericoli specifici per la salute umana e l'ambiente, che costituiscono una delle caratteristiche dei residui di consumo e non dei combustibili fossili.

Cementificio di Fanna intervista a Tania Giurissevich e Elena Papia.mov

[2/4] Impatti e pericoli dell'incenerimento rifiuti - Cementificio di Fanna

[1/4] Impatti e pericoli dell'incenerimento rifiuti - Cementificio di Fanna

Tecnica di Stoccaggio CDR

AriaNostra:ASSEMBLEA PUBBLICA 1 SETTEMBRE-IL CENTRO


venerdì 27 agosto 2010

Qualità dell’aria: le nuove linee guida Oms abbassano i livelli di inquinanti consentiti

Per esempio, nell’Unione europea, il solo particolato più fine (PM 2,5) causa una perdita di aspettativa di vita di circa 8,6 mesi.....continua...

sabato 21 agosto 2010

...Fontamara...

Perché perdere tempo con tante chiacchiere? Ma il cav. Pelino l'intese diversamente: "Voi vi burlate di me - si mise a gridare agitando il frustino contro Zompa e la cantiniera - Voi vi burlate delle autorità. Voi vi burlate della Chiesa e del Governo." E molte altre cose insensate, su questo tono, che nessuno capiva. Il Governo vi metterà a posto strillava. Il Governo vi punirà. Le autorità si occuperanno di voi. Noi pensavamo: parlerà, ma poi tacerà, poi evidentemente tacerà e ci lascerà andare a casa. Però lui continuava. Lui non taceva. " Tu non sai - egli disse direttamente a Michele - che se io ti denunziassi, tu saresti condannato almeno a dieci anni di carcere? Tu non sai che molti per aver detto cose meno perfide di quelle dette da te poco fa, stanno scontando anni di galera? Ma in che mondo vivi? Sai o non sai che cosa è successo in questi ultimi anni? Sai chi comanda? Sai chi è il padrone oggi? Sembrava un galletto inferocito. Zompa continuò per un po' a succhiare la cannuccia della pipa spenta, poi sputò per terra e gli rispose con pazienza: "Vedi, - gli disse - in città succedono molti fatti. In città, ogni giorno succede almeno un fatto. Ogni giorno, dicono, esce un giornale e racconta almeno un fatto. In capo all'anno, quanti fatti sono? Centinaia e centinaia. E in capo a vari anni? Migliaia e migliaia. Immagina. Come può un cafone, un povero cafone, un povero verme della terra conoscere tutti questi fatti? Non può. Ma una cosa sono i fatti, un'altra è chi comanda. I fatti cambiano ogni giorno, chi comanda è sempre quello. L'autorità è sempre quella." "E le gerarchie?" chiese il forestiero. Ma allora noi ancora non sapevamo che cosa significasse la strana parola. Il cittadino dovette ripetercela varie volte e con altri termini. E Michele pazientemente gli spiegò la nostra idea: "In capo a tutti c'è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa. Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra. Poi vengono le guardie del principe."  "Quel diavolo! quel diavolo!" mormorava tra sé, sottovoce. Ma non parlava del marito. "Quello ha fatto veramente il patto col Diavolo - ci disse. - Nessuna legge lo trattiene. Se resta qui ancora un paio di anni, ci mangerà vivi, con le nostre case, la nostra terra, i nostri alberi, la nostra montagna. Quello ci sbranerà tutti. Quello e la sua Banca dell'inferno ci manderanno tutti per elemosina. Poi si approprieranno anche delle nostre elemosine." Così tra i lamenti e gli improperi apprendemmo che le famose terre di don Carlo Magna, verso le quali stava per essere deviato il ruscello di Fontamara, da una settimana erano state acquistate a poco prezzo dall'impresario, il quale, senza dubbio, dopo averle trasformate in terre irrigue, le avrebbe rivendute a prezzo più alto. "Quell'uomo ha veramente trovato l'America nelle nostre parti - non potei fare a meno di commentare io. - I cafoni devono passare il mare per trovare l'America, ma quel brigante l'ha scoperta qui." "La legge non esiste anche per lui? - domandò la moglie di Zompa. - Per lui non vale la disposizione di Dio?" "Le disposizioni di Dio non valgono per il Diavolo" - io dissi facendomi il segno della croce. "Adesso l'han fatto podestà - continuò a dire donna Clorinda. - Il nuovo Governo è in mano a una banda di briganti. Si chiamano banchieri e patrioti ma sono veri briganti, senza alcun rispetto per i vecchi proprietari. Pensate un po', è da un giorno che quel bandito è podestà e dal municipio sono già sparite due macchine da scrivere. Tra un mese, credete a me, spariranno anche le porte e le finestre. Gli spazzini sono pagati con i soldi del comune, ma da stamattina alcuni di essi lavorano come manovali nella fabbrica di mattoni dell'impresario. I cantonieri, pagati col denaro di tutti, lavorano a scavare il fosso che deve portare l'acqua alle terre rubate da quel brigante a mio marito. Il cursore del comune, Innocenzo La Legge, lo conoscete? E' diventato il servo della moglie dell'impresario: l'ho incontrato stamattina con una gran cesta di verdure che le andava dietro a testa bassa, come un cane. E questo non è che il principio. Di questo passo, credete a me, quel brigante ci mangerà tutti." Di tutto quel discorso concitato a noi non rimase che un'impressione: anche per i vecchi proprietari è arrivato il giorno della penitenza. Devo confessare che nell'amarezza c'era un po' di miele? Come si dice? "Chi ha mangiato la pecora, adesso vomita la lana." "I vecchi ladri hanno trovato chi li ruba", spiegammo alle paesane che ci aspettavano fuori dal portone. "Dobbiamo metterci di nuovo alla cerca dell'Impresario? - strillarono alcune. - Allora non la finiremo più?" "Se abbiamo fatto trenta possiamo fare trentuno - disse Marietta. - Dopo tutti questi strapazzi, dovremmo tornarcene a mani vuote?"  Quella terra era già stata del padre di Berardo, e Berardo vi aveva anche lui faticato dall'età di dieci anni. Fra la terra e il contadino, dalle nostre parti, ma forse anche altrove, è una storia dura e seria, è come marito e moglie. E' una specie di sacramento. Non basta comprarla, perché una terra sia tua. Diventa tua con gli anni, con la fatica, col sudore, con le lacrime, con i sospiri. Se hai terra, nelle notti di maltempo tu non dormi; anche se stanco a morte, tu non riesci a dormire, perché non sai quello che sta succedendo alla tua terra; e al mattino corri subito a vedere. Se un altro ti piglia la terra, magari pagandola col denaro, è sempre un po' come se ti portasse via la moglie; e, anche venduto, un pezzo di terra conserva per molto tempo il nome del vecchio padrone. Ognuno dunque capiva lo struggimento di Berardo. E Maria Rosa, sua madre, vedendo il figlio soffrire per l'inutile sacrificio di quella terra e sapendolo uomo violento e impulsivo, mi pregò un giorno di accompagnarla presso don Circostanza. Gli portò in regalo un pollastro e una dozzina di uova, e arrivata in sua presenza gli baciò la mano, gli si inginocchiò davanti, lo supplicò di restituire la terra al figlio, che in pagamento, per un certo numero di anni, gli avrebbe lasciato una parte del prodotto. Ma non ci fu verso. L'avvocato spiegò di non aver comprato quella terra con l'intenzione di continuare a coltivarla, ma per sfruttare la pozzolana del sottosuolo, e minacciò di chiamare i carabinieri se non ce ne andavamo. (E infatti ora c'è una cava ampia e profonda, nella quale si aggirano alcuni operai con picconi e carriole.). "Se Berardo vuole, - aveva proposto a modo di conciliazione l'avvocato - lo potrei prendere come bracciante nella mia cava." Fu un voler aggiungere lo scherno al sopruso; e parlando con Berardo, per prudenza neppure vi accennammo. Quella cava, quella fossa sempre più larga e profonda, quel cratere, era una bolgia infernale nel petto di Berardo. "Un giorno o l'altro, - dicevamo noi - farà qualche pazzia. Egli finirà male, come suo nonno." E la povera Maria Rosa, sua madre, per salvarlo fece recitare di nascosto una novena a San Giuseppe da Copertino e vendette due lenzuola per accendere alcune candele davanti al santo affinché salvasse il figlio. Ma un giorno, come poi si riseppe, Berardo si presentò all'improvviso nello studio dell'avvocato; e dopo aver messo da parte la serva, che cercava di respingerlo adducendo l'assenza del padrone, lo cercò in tutte le stanze e lo trovò spaurito dietro le tendine di una finestra. "Signor avvocato, - gli disse con molta calma (anzi, com'egli ci raccontò, persino con rispetto) - voi mi avete assicurato varie volte che io morirò in carcere; non credete che sia venuto il giorno per andarci?" L'avvocato dové capire che la sua vita era legata a un filo, eppure cercò di sorridere. "Perché tanta fretta?" egli balbettò.  "Dunque, non bisogna più ragionare" concluse Berardo. "Ecco, bravo, Berardo ha capito perfettamente - esclamò Innocenzo soddisfatto. - Non bisogna più ragionare: questo è il senso della decisione del podestà. Bisogna farla finita coi ragionamenti. E poi, siamo sinceri, a che servono i ragionamenti? Se uno ha fame, può nutrirsi di ragionamenti? Bisogna farla finita con questa cosa inutile." La soddisfazione d'Innocenzo fu grande nel constatare che Berardo gli dava ragione e perciò accettò la sua proposta di rendere più chiaro il cartello che doveva essere appeso al muro e che egli stesso scarabocchiò in nostra presenza, su un largo foglio di carta bianca, nel tenore seguente: Per ordine del Podestà sono proibiti tutti i ragionamenti. Berardo provvide ad affiggere il cartello, in alto, sulla facciata della cantina. La sua condiscendenza ci sbalordiva assai. Come se il suo atteggiamento non fosse già abbastanza chiaro, Berardo aggiunse: "Adesso, guai a chi tocca quel cartello." Innocenzo gli strinse la mano e voleva abbracciarlo. Ma le spiegazioni che Berardo subito aggiunse, moderarono il suo entusiasmo. "Quello che il podestà ordina da oggi, io l'ho sempre ripetuto - disse Berardo. - Coi padroni non si ragiona, questa è la mia regola. Tutti i guai dei cafoni vengono dai ragionamenti. Il cafone è un asino che ragiona. Perciò la nostra vita è cento volte peggiore di quella degli asini veri, che non ragionano (o, almeno, fingono di non ragionare). L'asino irragionevole porta, 0, 90, 100 chili di peso; oltre non ne porta. L'asino irragionevole ha bisogno di una certa quantità di paglia. Tu non puoi ottenere da lui quello che ottieni dalla vacca, o dalla capra, o dal cavallo. Nessun ragionamento lo convince. Nessun discorso lo muove. Lui non ti capisce, (o finge di non capire). Ma il cafone invece, ragiona. Il cafone può essere persuaso. Può essere persuaso a digiunare. Può essere persuaso a dar la vita per il suo padrone. Può essere persuaso ad andare in guerra. Può essere persuaso che nell'altro mondo c'è l'inferno benché lui non l'abbia mai visto. Vedete le conseguenze. Guardatevi intorno e vedete le conseguenze. Per noi, quello che Berardo diceva, non era una novità. Ma Innocenzo La Legge era atterrito. "Un essere irragionevole non ammette il digiuno. Dice: se mangio lavoro, se non mangio non lavoro - continuò Berardo. - O meglio neppure lo dice, perché allora ragionerebbe, ma per naturalezza così agisce. Pensa dunque un po' se gli ottomila uomini che coltivano il Fucino, invece di essere asini ragionevoli, cioè addomesticabili, cioè convincibili, cioè esposti al timore del carabiniere, del prete, del giudice, fossero invece veri somari, completamente privi di ragione. Il principe potrebbe andare per elemosina. Tu sei venuto qui, o Innocenzo, e tra poco, nella via buia, farai ritorno al capoluogo. Che cosa può impedire a noi di accopparti? Rispondi"  Le aie apparivano tutte vuote. D'altronde le trebbiatrici non risalivano la valle che verso la fine della mietitura. D'un tratto il rumore si fece più distinto e nella prima curva della strada che dal piano saliva verso di noi, apparve un camion pieno di gente. Subito dopo ne apparve un altro. E poi un altro. Cinque camion che venivano a Fontamara. Ma subito dopo ne apparve un altro. Erano dieci? quindici? dodici? La figlia di Cannarozzo gridava che erano un centinaio, ma era una ragazza che non sapeva contare. Il primo camion era già all'ultima curva, all'entrata di Fontamara, e l'ultimo ancora ai piedi della collina. Tanti camion non si erano mai visti. Nessuno di noi aveva immaginato che esistessero tanti camion. Allarmata dal fragore mai udito di un così grande numero di macchine, tutta la popolazione di Fontamara era accorsa sulla piazzetta davanti alla chiesa, cioè le donne, i bambini e gli uomini vecchi che non erano andati ai campi. Ognuno spiegava in modo diverso l'inattesa e improvvisa apparizione di tante macchine dirette verso Fontamara. "E' un pellegrinaggio - gridava Marietta tutta eccitata. - Adesso i pellegrini ricchi non vanno a piedi ma in automobile. Sarà un pellegrinaggio per il nostro San Rocco." "Ma oggi non è il giorno di San Rocco" - io dissi. "Sarà una corsa di automobili - ripeteva invece Cipolla che da soldato era stato in città - E' una sfida tra automobilisti a chi corre di più. In città ogni giorno vi sono sfide tra automobilisti." Il rumore dei camion divenne sempre più alto e impressionante. A esso si aggiunsero le grida selvagge degli uomini sui camion. Un crepitio di spari secchi, seguito dalla caduta dei vetri del finestrone della chiesa, finì col mutare in panico la nostra curiosità. "Sparano, sparano contro di noi, sparano contro la chiesa" - ci mettemmo a gridare. "Indietro, indietro - gridava Baldissera a noi donne più vicine al parapetto. - Indietro che sparano." "Ma chi sono quelli che sparano? ma perché sparano? ma perché sparano contro di noi?" "E' la guerra, è la guerra - diceva Baldissera tutto esaltato. - E' la guerra." "Ma perché la guerra? ma perché contro di noi la guerra?" "E' la guerra - ripeteva Baldissera. - Solo Dio sa perché, ma è la guerra." "Se è la guerra bisogna dire le litanie sulla guerra - saltò a dire Teofilo il sacrestano e si mise a intonare: "Regina pacis ora pro nobis", quando una seconda scarica di fucileria crivellò la facciata della chiesa e cosparse di calcinacci noi ch'eravamo vicino al portale. Le litanie furono interrotte. Tutto quello che succedeva era privo di senso. La guerra? ma perch la guerra? Giuditta fu presa dalle convulsioni. Attorno a essa noi eravamo come un branco di capre impazzite. Ognuno gridava parole sconnesse. Solo Baldissera ripeteva grave e impassibile. "Non c'è nulla da fare, è la guerra, non c'è nulla da fare."  Non siamo più liberi nemmeno dei nostri soldi." Queste parole ci fecero una certa impressione. Il Governo cominciava dunque a perseguitare anche i galantuomini?  "Vostra Signoria non ha che da dire una parola - rispose Berardo in un tono che da qualche tempo aveva smesso - e tutti i cafoni insorgeranno." "Non si tratta di questo, - disse don Circostanza spaventato - ma di una prepotenza più raffinata. Ecco, là erano le tre buste che avevo preparato per voi. Una per ognuno, col salario pattuito." Sul tavolo infatti c'erano tre buste. "Avevo tutto preparato - continuò egli - com'era stato pattuito. Non avevo trattenuto un solo centesimo. Mi credete?" Perché non dovevamo credergli? Egli ci strinse di nuovo la mano, con riconoscenza. "Ebbene, - riprese a dire - ho ricevuto il nuovo contratto di lavoro per gli operai agricoli della provincia. E' stato per me un colpo inatteso e terribile. Leggete con i vostri occhi." Presi con diffidenza un giornale che don Circostanza mi porse e poiché egli insisteva lessi alcuni punti segnati col lapis rosso. Secondo quello scritto il salario corrente degli operai agricoli era ridotto del quaranta per cento per gli uomini dai 19 ai 60 anni, cioè, per noi. "Non è strano? ditemi, non è terribile? "- egli interruppe. "Puoi continuare - mi disse - non è finito." In continuazione lessi che i lavori di miglioramento, i nuovi impianti o reimpianti di vigneti, oliveti e frutteti, le costruzioni di concimaie, i riempimenti, l'espurgo, lo scavo di fossati, le estirpazioni di piante e le aperture di strade, hanno carattere straordinario, intesi ad alleviare la disoccupazione e come tali devono essere compensati con mercedi inferiori a quelle stabilite, con una riduzione fino al venticinque per cento. "Non è insopportabile? - riprese a dire l'avvocato. - Cosa ha a che fare la legge tra padroni e cafoni? Dove andrà a finire la nostra libertà?" L'inganno era evidente. Si trattava di una nuova invenzione per derubarci in nome della legge. Don Circostanza era stato sempre maestro in simili trucchi. Egli aveva, tra l'altro, la furberia di ricomprare da una bancarella locale le cambiali inesigibili, a un terzo o un quarto del loro valore, e le faceva scontare ai cafoni debitori con giornate lavorative; in modo che questi faticavano senza salario e lui se la cavava con una miseria. Perciò, quel giorno, prima di entrare nel suo studio, avevamo fatto un piccolo esame di coscienza. Ci eravamo interrogati: "Nessuno di noi ha qualche cambialetta in protesto? Qualche cambialetta dimenticata?" Nessuno. Ma quella volta l'inganno era diverso. "Là ci sono le tre buste - osservò Berardo semplicemente - noi ce le prendiamo e tutto è a posto." E Berardo fece l'atto di prendere la sua busta. Ma don Circostanza, che se l'aspettava, prevenne il gesto.  Ma è una protezione, si capisce, che non si esercita mai contro i ricchi. Quante volte don Circostanza ci aveva già ingannati. Ma come potevamo viverre senza di lui? E d'altra parte egli aveva sempre avuto un modo di fare bonaccione e cordiale, ci dava la mano a tutti e quando era ubriaco perfino ci abbracciava e ci chiedeva perdono e noi gli avevamo sempre perdonato. Il trucco però dei tre quarti e tre quarti e quello dei dieci lustri ci avevano troppo avviliti. Nessuno poteva rassegnarsi alla perdita dell'acqua, cioè alla morte di fame, ma nessuno conosceva la via per recuperarla. Pilato e Michele Zompa volevano che dessimo querela all'impresario, ma io e gli altri interessati ci opponemmo alla proposta. Noi sapevamo fin troppo come vanno a finire simili processi; durano diecine e perfino centinaia d'anni, passano da una magistratura all'altra, da un appello all'altro, mangiano le risorse di interi paesi e infine lasciano le cose come le trovano. Ma anche se avessimo intentato processo, a chi l'avremmo affidato? A don Circostanza? Egli avrebbe trovato un altro trucco simile ai tre quarti e tre quarti e ai dieci lustri. Era meglio non parlarne. E tuttavia nessuno poteva rassegnarsi alla perdita dell'acqua. Nessuno poteva rassegnarsi alla perdita dell'intero raccolto. Nessuno poteva assuefarsi all'idea d'un inverno senza pane e senza minestra. "Siamo alla fine - ripeteva Zompa. - Vedrete, uno di questi giorni Domine Iddio perderà la pazienza, ci sarà un terremoto e non se ne parlerà più." "Quando le leggi del Governo non sono più valide e quelli che dovrebbero farle rispettare sono i primi a violarle, allora si torna alla legge del popolo" rispose Baldissera indignato. "Qual è la legge del popolo?" gli fu chiesto. "Aiutati che Dio t'aiuta - disse Baldissera che aveva finito con l'adottare l'amara dottrina di Berardo Viola - Chi vuol capire capisca." Non gli si poteva dar torto, ma non era un rimedio. E d'altronde lui parlava così, ma era incapace di uccidere una mosca. Invece Berardo non si esprimeva. Il povero Berardo non era più lui. Pensava ad altro. Il suo mutismo era la costernazione dei giovani che lo consideravano il loro capo. La sua assenza il giorno della spartizione dell'acqua era stata giudicata un tradimento. Il risentimento contro di lui era più acerbo che contro don Circostanza. Berardo faceva ormai vita di solitario e lo si vedeva di rado. Egli esagerava adesso in un senso, come prima esagerava nell'altro. Tutti i progetti per rivendicare i nostri diritti lo lasciavano indifferente. "Peggio per voi - egli disse - Io non ho terra da irrigare. Io non sono più un ragazzo - diceva anche - Devo pensare ai fatti miei." Berardo aveva ormai una sola idea: emigrare, andare via, lavorare come una bestia, lavorare il doppio degli altri; e dopo sei mesi, o dopo un anno, tornare a Fontamara, comprare un pezzo di terra, sposarsi. Non gli si poteva parlare d'altro.   Michele propose un buon titolo: La Verità, che voleva dir molto. Ma Scarpone arricciò il naso: "La verità? - disse - Chi conosce la verità?" "Non la conosciamo, ma vogliamo conoscerla" rispose Michele. "E quando l'avrai conosciuta - gli rispose Scarpone - con la verità ci farai il brodo?" Era questo il suo modo di ragionare. 

DANNI ALLA SALUTE DERIVANTI DAGLI INCENERITORI

lunedì 16 agosto 2010

ANALISI DI FATTIBILITA’ “ RIFIUTI-ENERGIA PARMA”

L'analisi di fattibilità preparata da ingegneri e chimici ambientali iscritti ai rispettivi albi dimostrano che l'alternativa all'inceneritore è possibile e fattibile.

IMPATTO SULLA SALUTE UMANA

Per di più il rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità (Trattamento dei rifiuti in Campania: impatto sulla salute umana. Correlazione fra rischio ambientale da rifiuti, mortalità e malformazioni congenite) mostra nella regione una situazione già gravemente compromessa: più 12% di patologie tumorali rispetto alla media italiana. Alla voce dell’Oms si aggiunge quella dell’autorevole rivista The Lancet Oncology che ha denunciato, fin dal settembre 2004, un aumento dei tumori al fegato del 24% nei territori delle discariche, mentre i casi di danni fetali sono, in queste zone, l’80% in più rispetto alla media nazionale.

Nessuna sorpresa che le popolazioni interessate non vogliano nemmeno sentire parlare di inceneritori, viste le precarie condizioni sanitarie, ben oltre lo stato d’allarme, in cui già ora sono costrette a vivere. La domanda è: perché invece politici e opinion maker li vogliono disperatamente?

Inchiesta rifiuti: termovalizzatori, incentivi pubblici e mafia

Una ulteriore distinzione viene poi effettuata fra la parte organica (il cosiddetto umido) che viene trattata in modo da diventare compost (fertilizzante per l’agricoltura) e la parte secca che, attraverso impianti di combustibile da rifiuti (CDR) viene trasformata in ecoballe. Solo le ecoballe, che devono rispondere a precise caratteristiche normative, possono essere bruciate negli inceneritori....

sabato 14 agosto 2010

MEDICINA DEMOCRATICA MOVIMENTO DI LOTTA PER LA SALUTE

MEDICINA DEMOCRATICA MOVIMENTO DI LOTTA PER LA SALUTE

AriaNostra: «Vittime del Pet-coke»

Pesenti (famiglia)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La famiglia Pesenti, originaria dell’area di Bergamo, è stata una delle maggiori famiglie imprenditoriali italiane del XX secolo.

Storia [modifica]

Attiva specialmente nel settore del cemento (Italcementi), attraverso la finanziaria Italmobiliare furono proprietari anche della Lancia (tra il 1956 ed il 1969), del quotidiano La Notte e dellaFranco Tosi Meccanica. Negli anni ’70 possedevano anche banche (l’IBI - Istituto Bancario Italiano, ed altre banche) ed assicurazioni (la RAS, ceduta nel 1984), ma nel decennio successivo si concentrarono su Italcementi, della quale guidarono l’espansione internazionale (acquisizione di Ciments Francais nel 1992). I Pesenti furono azionisti ed alleati diMediobanca dalla privatizzazione del 1988, oltre che tra i principali azionisti privati del Credito Italiano e di Rcs MediaGroup. Con gli Agnelli, i Pirelli e gli Orlando furono tra i membri del cosiddetto “salotto buono” di Gemina, creata da Mediobanca come alleanza di gruppi industriali e finanziari legati da partecipazioni incrociate e patti di sindacato.

Alla fine del XIX secolo i sei fratelli Pesenti erano proprietari di una piccola cartiera ad Alzano; uno dei sei fratelli, Cesare, aveva potuto studiare e laurearsi in ingegneria meccanica inGermania. Cesare Pesenti scoprì le marne adatte alla fabbricazione del cemento, riconvertendo l’azienda di famiglia alla produzione di tale materiale. Nel 1906 l’azienda Fratelli Pesentisi fuse con la Società Calce e Cemento di Bergamo, dando vita ad Italcementi, che nacque già come leader italiano del settore.

Carlo Pesenti (1907-1984) [modifica]

Ingegnere, figlio di uno dei sei fratelli fondatori, fu a capo del gruppo di famiglia dal 1967 fino alla morte. Si scontrò con Michele Sindona che cercò di scalare la Italmobiliare e con gliAgnelli, anch’essi autori di un tentativo di scalata nel 1979. Negli ultimi anni di vita dovette fronteggiare le difficoltà finanziarie delle aziende di famiglia, che furono risolte grazie alla cessione della maggior parte delle attività estranee al settore del cemento.

Giampiero Pesenti (1931) [modifica]

Figlio di Carlo, anch'egli ingegnere, è stato presidente di Gemina e del patto di sindacato di Rcs MediaGroup, ed è presidente di Italmobiliare e Italcementi.

Carlo Pesenti (1963)

Il figlio di Giampiero, è consigliere delegato di Italcementi dal 2004, oltre che vicepresidente di Ciments Francais, e consigliere d’amministrazione di Mediobanca, Unicredit e Rcs MediaGroup.

Bibliografia [modifica]

§ V. Castronovo, L’industria italiana dall’Ottocento a oggi, Mondadori, 2004.

§ G. Galli, Il padrone dei padroni-Enrico Cuccia, il potere di Mediobanca ed il capitalismo italiano, Garzanti, 1995.

venerdì 13 agosto 2010

CEMENTIFICI PETCOKE RIFIUTI

«Vittime del Pet-coke»

....Il pet-coke, secondo la definizione industriale, è un prodotto che si ottiene dal processo di condensazione di residui petroliferi pesanti e oleosi fino ad ottenere un residuo di consistenza diversa, spugnosa o compatta.

In sostanza il pet-coke è l'ultimo prodotto delle attività di trasformazione del petrolio e viene considerato lo scarto dello scarto dell'oro nero tanto da guadagnarsi il nome di "feccia del petrolio"....

potete leggere l'intero l'articolo cliccando sul titolo e il link vi collegherà sulla pagina desiderata.


Difendere i lavoratori

C’è chi vuole far credere che essere contro il Cdr significhi essere contro gli operai che lavorano nei cementifici. E’ invece esattamente l’opposto! Contrastare il progetto dell’Italcementi significa mettersi nell’ottica di costruire un nuovo futuro , non più vincolati dall’obbligo di accettare la presenza, per chissà quante altre generazioni, dei cementifici. Il problema allora è quello di andare fino in fondo,fino ad ipotizzare i tempi per la loro chiusura, aprendo una gara di idee per arrivare ad una trasformazione del territorio che, salvaguardando reddito e lavoro, ponga le basi di una nuova epoca storica di sviluppo eco-compatibile. E’ il momento di scelte coraggiose, ma anche di buon senso, perché gli argomenti che ci devono portare ad opporci al progetto “revamping” non sono solo di natura strategica, di concezioni diametralmente opposte di sviluppo, che, di per sé dovrebbero essere sufficienti, ma attengono anche al fatto che, da persone semplici, non ci possono convincere alcuni argomenti dell’Italcementi. Sappiamo da sempre, che a ricatto segue ricatto e sempre in nome della difesa dei posti di lavoro. Come è stato detto da più parti, se verrà posta la necessità di bruciare CDR perchè diversamente l’impianto non sarà in grado di sopportare l’aumento dei costi, si sarà sottoposti ad un ennesimo ricatto occupazionale e avanti di questo passo.

Inoltre, non si dice che Italcementi, come combustibile utilizza Pet-coke, conosciuto anche come "feccia del petrolio". Perché non dire che data la sua composizione, l’Osha, ente statunitense per la sicurezza sul lavoro, ha fissato un limite di esposizione che non va mai superato in quanto è alta la probabilità che causi danni permanenti o la morte? Perché non sottolineare che l’uso del Pet-coke come combustibile ad esempio nella raffineria di Gela, ha suscitato interrogativi sulla possibile correlazione con le malformazioni e i numerosissimi tumori nella popolazione locale? Difendere i lavoratori, non sempre coincide con la difesa di "quel" posto di lavoro, ma passa anche attraverso la ricerca di alternative occupazionali più salubri per la popolazione e per gli stessi addetti, che non dimentichiamolo, in questi anni hanno pagato un prezzo altissimo in termini di salute.

Purtroppo, questo coraggio manca da sempre

Articolo Il Centro 12-08-2010

Inseriamo l'articolo pubblicato e ...modificato dal Centro, c'è un'errore: si parla micropolveri in realtà si tratta di nanopolveri!

mercoledì 11 agosto 2010

Comunicato N°1 COMITATO ARIA NOSTRA

IL COMITATO ARIA NOSTRA HA DECISO DI EMETTERE QUESTO PRIMO COMUNICATO ALLEGANDO ANCHE PARTE DELLO STATUTO PER RISPONDERE ALLE FALSE VOCI CHE GIRANO RIGUARDO AD ESSO E DISSIPARE OGNI DUBBIO POSSA ESSERE SORTO O POTREBBE SORGERE IN FUTURO.

IL COMITATO ARIA NOSTRA NASCE DALL’UNIONE DI DIVERSI GIOVANI DI SCAFA E DEI PAESI LIMITROFI CHE ESSENDO VENUTI A CONOSCENZA DEL PROGETTO DELL’ITALCEMENTI PER IL CEMENTIFICIO DI SCAFA HANNO RITENUTO OPPORTUNO METTERE INSIEME LE PROPRIE CONOSCENZE,FORZE E SENSO DI RESPONSABILITA’ NEI CONFRONTI,NON SOLO NEI CONFRONTI DEL PAESE DI SCAFA MA ANCHE DI QUELLI LIMITROFI ,PER CREARE QUESTO COMITATO E INFORMARE LA POPOLAZIONE(CHE PER LA MAGGIORPARTE IGNORAVA E ANCORA OGGI NON è BEN INFORMATA)RIGUARDO A QUANTO ACCADE.

ABBIAMO REALIZZATO E REALIZZEREMO IN FUTURO DIVERSE AZIONI DIRETTE A INFORMARE LA POPOLAZIONE SUL PROGETTO IN ATTO E SUI RISCHI PER LA SALUTE CONNESSI ALLA COMBUSTIONE FUTURA DI CDR E ALLA COMBUSTIONE ATTUALE DI PNEUMATICI FUORI USO.

LO SCOPO DEL COMITATO è DUNQUE QUELLO DI TUTELARE:IL DIRITTO ALLA SALUTE DEL CITTADINO,L’AMBIENTE ,IL DIRITTO AD ESSERE INFORMATO SU CIò CHE ACCADE IN MODO TALE CHE OGNI CITTADINO POSSA ESSERE CONSAPEVOLE,PARTE ATTIVA ( IN UN SENSO O NELL’ALTRO QUALORA LO RITENESSE OPPORTUNO ) RISPETTO A DECISIONI CHE LO RIGUARDANO DIRETTAMENTE,COME AD ESEMPIO LA PROPRIA SALUTE.

VORREMMO RIBADIRE ANCORA UNA VOLTA CHE IL COMITATO è APOLITCO ED è FORMATO DA GIOVANI COMPETENTI IN MATERIA (GEOLOGI,INGEGNERI,ETC) ,GIOVANI CHE POSSEGGONO ALTRI TIPI DI COMPETENZE MA SOPRATTUTTO PERSONE DI BUONA VOLONTà CHE SPENDONO GRAN PARTE DEL PROPRIO TEMPO A VISIONARE DOCUMENTI,A REALIZZARE AUTOFINANZIANDOSI LE AZIONI,I VOLANTINI INFORMATIVI,IL BLOG, PER SOPPERIRE ALLA CARENZA DI INFORMAZIONE ATTUALE CHE AUTOMATICAMENTE ESCLUDE LA CITTADINANZA DALLA PARTECIPAZIONE ALLA VITA DEMOCRATICA DEL PAESE.

CERCARE MOTIVAZIONI DIVERSE O FANTASTICARE SU ASSURDI RESTROSCENA è UN MODO BANALE PER METTERE A TACERE ANCORA UNA VOLTA LA PARTE DEL PAESE E DEI PAESI LIMITROFI CHE NON CI STA AD ESSERE TAGLIATA FUORI DALLE DECISIONI IMPORTANTI CHE RIGUARDANO LA VITA,LA SALUTE E IL FUTURO DI TUTTI..


ECCO ALCUNI ARTICOLI DELLO STATUTO SIA DEL COMITATO CHE DEL COMUNE DI SCAFA

STATUTO COMITATO ARIA NOSTRA

Art. 3 - Scopi e attività

1) Il Comitato è apolitico, apartitico e aconfessionale, è un centro permanente di vita associativa a carattere volontario e democratico, la cui attività è espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo.

2) Il Comitato promuove la partecipazione dei propri associati alla vita della comunità locale, con particolare riferimento allo studio e alla diffusione di tematiche connesse alla tutela e al rispetto dell’ambiente, alla salvaguardia della salute pubblica e del territorio nonché alla valorizzazione e conservazione di beni di valore paesaggistico, storico, artistico e architettonico e allo sviluppo socio-economico.

Il Comitato, inoltre, intende perseguire finalità di solidarietà sociale e civile, come previsto dalla norma di cui all’art. 10 del D. Lgs. 4 dicembre 1997, n° 460.

3) Per il raggiungimento delle suddette finalità, il Comitato si avvale prevalentemente delle attività prestate in forma volontaria, libera e gratuita dai propri associati.

4) Il Comitato perseguirà gli obiettivi di cui sopra, mediante la realizzazione di attività che - a titolo esemplicativo e non esaustivo - potranno essere:

- effettuare raccolte pubbliche di adesioni, di firme e di fondi;

- richiedere occasionalmente prestazioni di lavoro autonomo o dipendente, anche ricorrendo ai propri associati;

- organizzare attività culturali di informazione, quali convegni, dibattiti, riunioni;

- promuovere provvedimenti giudiziari a tutela dei cittadini, singoli o associati, a tutela del loro diritto alla salute e alla tutela dell’ambiente, alla conservazione di beni di valore paesaggistico, storico, artistico e architettonico;

- promuovere ricorsi avverso provvedimenti intesi come lesivi dei diritti di cui al punto precedente.

5) Il Comitato ha quindi l’obiettivo di far si che i cittadini siano maggiormente informati e possano di conseguenza valutare con obiettività e coerenza, partecipando in modo attivo alla determinazione delle politiche ambientali e sociali.


STATUTO COMUNALE SCAFA

Art. 5

Finalità

  1. Il Comune adotta le misure necessarie a conservare e difendere l’ambiente, attuando piani per la difesa del suolo e del sottosuolo e per eliminare le cause di inquinamento atmosferico, acustico, delle acque. Pone il divieto di ogni insediamento nucleare;

Art. 27

Attribuzioni di vigilanza

1. Il Sindaco nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza acquisisce direttamente presso tutti gli uffici e servizi le informazioni e gli atti, anche riservati, e può disporre l’acquisizione di atti, documenti e informazioni presso le aziende speciali, le istituzioni e società per azioni, appartenenti all’ente, tramite i rappresentanti legali delle stesse, informandone il Consiglio Comunale.

2. Egli compie atti conservativi dei diritti del Comune e promuove, direttamente o avvalendosi del segretario comunale o del direttore se nominato, le indagini e le verifiche amministrative sull’intera attività del Comune.

3. Il Sindaco promuove e assume iniziative atte ad assicurare che uffici, servizi, aziende speciali, istituzioni e società appartenenti al Comune, svolgano le loro attività secondo gli obiettivi indicati dal Consiglio e in coerenza con gli indirizzi attuativi dalla Giunta.

Art. 32

Partecipazione popolare

1. Il Comune promuove e tutela la partecipazione dei cittadini, singoli o associati, all’amministrazione dell’ente al fine di assicurare il buon andamento, l’imparzialità e la trasparenza.

2. La partecipazione popolare si esprime attraverso l’incentivazione delle forme associative e di volontariato e il diritto dei singoli cittadini a intervenire nel procedimento amministrativo.

Art. 42

Accesso agli atti

1. Ciascun cittadino ha accesso alla consultazione degli atti dell’amministrazione comunale e dei soggetti, anche privati, che gestiscono servizi pubblici.

2. Possono essere sottratti alla consultazione soltanto gli atti che esplicite disposizioni legislative dichiarano riservati o sottoposti a limiti di divulgazione.

3. Il regolamento stabilisce i tempi e le modalità per l’esercizio dei diritti previsti nel presente articolo.

Art. 43

Diritto di informazione

1. Tutti gli atti dell’amministrazione, a esclusione di quelli aventi destinatario determinato, sono pubblici e devono essere adeguatamente pubblicizzati.

2. La pubblicazione avviene, di norma, mediante affissione in apposito spazio, facilmente accessibile a tutti, situato nell’atrio del palazzo comunale e su indicazione del sindaco in appositi spazi, a ciò destinati.

3. L’affissione viene curata dal segretario comunale che si avvale di un messo e, su attestazione di questi, certifica l’avvenuta pubblicazione.

4. Gli atti aventi destinatario determinato devono essere notificati all’interessato.

5. Inoltre, per gli atti più importanti individuati nel regolamento, deve essere disposta l’affissione negli spazi pubblicitari e ogni altro mezzo necessario a darne opportuna divulgazione.

Art. 55

Obiettivi dell’attività amministrativa

1. Il comune informa la propria attività amministrativa ai principi di democrazia, di partecipazione, di trasparenza, di efficienza, di efficacia, di economicità e di semplicità delle procedure.

2. Gli organi di governo del comune e i dipendenti responsabili dei servizi sono tenuti a provvedere sulle istanze degli interessati nei modi e nei termini stabiliti dalla legge, dal presente statuto e dai regolamenti di attuazione.

3. Il comune, allo scopo di soddisfare le esigenze dei cittadini, attua le forme di partecipazione previste dal presente statuto, nonché forme di cooperazione con altri comuni e con la provincia.

Art. 7

Attività amministrativa

1. Le funzioni amministrative sono esercitate, anche in coordinamento con le altre amministrazioni pubbliche, seguendo il metodo della programmazione e con criteri di efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa, nell’interesse esclusivo della comunità locale.

2. Il Comune impronta la propria attività amministrativa ai principi di buon andamento e di imparzialità;

3. Le procedure amministrative assicurano la trasparenza dell’attività amministrativa e, in conformità alle leggi, allo Statuto ed ai regolamenti, la conoscibilità degli atti e la partecipazione degli interessati al procedimento. A tale scopo garantisce le informazioni, la conoscenza degli atti e l’accesso agli uffici dell’Amministrazione in conformità alla legge, allo Statuto ed ai regolamenti.